Il recente Dlgs. 81/2008 del “Testo Unico per la Sicurezza sul lavoro” ha introdotto nella normativa italiana l’obbligo per il datore di lavoro di una specifica valutazione del rischio derivante dallo stress lavoro-correlato.
Negli ultimi anni, infatti, è notevolmente accresciuta la consapevolezza che la salute degli individui racchiude in sé non solo l’aspetto dell’integrità fisica ma anche quello del benessere psicologico, che è intimamente connesso al primo ed esercita una profonda influenza su di esso. Ecco perché esiste una maggiore esigenza di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori anche dal rischio psico-sociale.
Di pari passo con le forme di lavoro “atipico”, precario e sottopagato, aumentano i carichi ed i ritmi di lavoro, la necessità di svolgere talora una doppia attività lavorativa e, quindi, la difficoltà di trovare il giusto equilibrio fra tempo dedicato al lavoro e tempo libero. Questi elementi assieme a tanti altri possono contribuire all’insorgenza dello stress.
Gli effetti a breve termine dello stress sul lavoratore si possono manifestare con senso di affaticamento mentale, umore instabile, problemi gastrointestinali, cefalee, insonnia, ecc. e, sull’organizzazione, si possono mostrare con elevata percentuale di assenteismo, di rotazioni del personale, controllo di qualità scarso.
Da queste premesse è importante dire che per promuovere il benessere organizzativo del luogo di lavoro e il benessere del lavoratore occorre adottare la valutazione del rischio psicosociale inteso come processo che consiste in un esame sistematico di tutti gli aspetti dell’attività lavorativa per stabilire:
- cosa può provocare danni
- se è possibile eliminare i pericoli e, nel caso in cui ciò non sia possibile
- quali misure preventive o di protezione devono essere messe in atto per controllare i rischi.