Voglio dedicare un po’ d’attenzione alle famiglie delle persone con diagnosi di malattia oncologica.
Perché la famiglia? Perché agisce come prima linea di supporto emozionale e nello stesso tempo, costituisce, insieme al paziente, un’unica unità che richiede cure, attenzioni e supporto.
È attraverso forti sentimenti di angoscia, di incredulità, di paura, di disorientamento e spesso anche reazioni di negazione che il sistema familiare comincia lentamente a ridefinire i propri confini interni ed esterni, a riorganizzare ruoli, funzioni e competenze tra i vari sottosistemi, cercando di realizzare il migliore livello possibile di adattamento richiesto dalla situazione di crisi in cui si trova.
Un nuovo adattamento è possibile se sono disponibili risorse psicologiche e familiari (ad esempio, lo stile comunicativo) e supporto sociale.
Sulla base di quanto detto risulta importante che le strutture sanitarie prevedano degli interventi terapeutici sulla famiglia con malato grave e/o cronico garantendo contemporaneamente il benessere emotivo di tutti i membri, paziente compreso.
“Il tumore unisce alcune famiglie, altre si disgregano ma nessuno sfugge ai cambiamenti che derivano dall’intrusione di questa malattia che minaccia l’esistenza”
Weihs, Reiss, 1996
Colgo l’occasione per informare che esiste la Società Italiana di Psico-oncologia (www.siponazionale.it) in cui è possibile ricevere informazioni riguardo alla propria regione. La SIPO è nata con lo scopo primario di analizzare, in un’ottica multidisciplinare, l’impatto psicologico e sociale della malattia oncologica sul paziente, la sua famiglia e l’équipe curante.