…Quest’immobile calma e la fiamma del cielo t’ha rattristata, o baci miei timorosi, e dici: “Noi non saremo mai un sarcofago solo sotto il deserto antico e le palme felici!”…
Stephane Mallarmè, da “Tristezza d’estate”
Con questo articolo terminerò la trattazione dedicata alle principali emozioni, tranne nel caso in cui qualcuno di voi lettore ne desideri approfondire alcuni aspetti e, se fosse così, non esitate a scrivermi.La tristezza: un’emozione interessante ma oscura, un’emozione che ci riporta al senso della perdita (simbolica o reale), non necessariamente riferita ad un evento luttuoso, ma anche ad un valore morale, a un ruolo, alla lontananza improvvisa di una figura d’attaccamento importante ecc. Anche solo leggendo queste parole, sicuramente la nostra memoria ci ha servito qualche ricordo inerente a tale reazione emotiva e…che succede? Improvvisamente il nostro viso mostra un’espressione mesta, si può sentire un nodo alla gola, un intenso sospiro non tarda ad arrivare e, che dire dello stato di immobilità, inattività oppure di agitazione?
Non ci si sente a proprio agio con tale stato, ma spesso gli eventi della vita portano a confrontarci con lei, con la tristezza. Ma andiamo a comprendere quando e perché s’instaura: se l’importanza soggettiva della perdita o del fallimento è molto grande e l’individuo è in grado di far fronte ad esso, la perdita (reale o simbolica) darà luogo a tentativi per evitarla, o di recuperare ciò che è stato perduto, di evitare che si verifichi; la perdita suscita allora rabbia, ansia, gelosia, o speranza, cioè emozioni adattive di lotta, piuttosto che tristezza. Se invece l’evento è soggettivamente meno rilevante o la potenziale capacità di farvi fronte è bassa, la persona proverà tristezza, dovuta all’accettazione (che comporta rassegnazione invece di lotta) della perdita, al distacco dal coinvolgimento con l’oggetto perduto, all’abbandono dei tentativi di modificare la situazione. La tristezza è allora l’emozione che si instaura a seguito di una perdita se e quando l’individuo abbandona la lotta.
E quando la tristezza rischia di trasformarsi in depressione? Non sono affatto la stessa cosa, nonostante spesso vengano usate come sinonimi: quando la valutazione delle implicazioni di una perdita (ad esempio un divorzio, la perdita del lavoro) suscita sentimenti di pessimismo a livello esistenziale, cioè generalizzato all’intera vita che non sembra presentare soggettivamente alcuna speranza, niente di positivo, si può soffrire di depressione. E’ quindi la depressione e non la tristezza, che può essere patologica e per la quale occorre farsi aiutare. La tristezza è invece il risultato di una valutazione di impotenza circa la possibilità di riavere l’oggetto perduto, di cancellare la perdita, ma l’impotenza, contrariamente alla depressione, mette a fuoco l’evento specifico.
Come superare la tristezza? Risulta importante esporsi a stati di cose positivi, quali quelli derivanti da attività e interazioni piacevoli; comportarsi altruisticamente, in quanto rappresenta un evento positivo, auto-gratificante funzionale al controllo della tristezza.