L’alessitimia è una parola coniata nel 1970 da Nemiah e Sifneos per descrivere tre caratteristiche in persone affette da malattie psicosomatiche: difficoltà ad esprimere verbalmente le emozioni, scarsità di fantasia e stile comunicativo incolore.

Successivamente una serie di ricerche ha riscontrato molteplici altre caratteristiche nei soggetti alessitimici: difficoltà a discriminare una emozione dall’altra e gli stati somatici dalle emozioni (per esempio, per dire che si sente spaventato il soggetto alessitimico afferma di avere male alla pancia); difficoltà a comunicare ad altri le proprie emozioni; presenza di scarsa fantasia e immaginazione; esplosioni di collera o di pianto ma non sapere il perché; esprimere l’emozioni con l’azione (sono considerati ad esempio degli agìti anche i casi di tossicodipendenza, comportamenti sessuali promiscui, disturbi del comportamento alimentari); i sogni, raramente presenti, oscillano tra incubi relativi a vita passata e pensiero razionale; oscillano tra comportamento dipendente ed evitante; danno impressione di pseudonormalità come se “seguissero un manuale di istruzioni”; a volte presentano amimia, cioè mancanza di espressività del viso.

L’alessitimia è considerata un disturbo della regolazione affettiva ed ha preso un posto rilevante tra i fattori di rischio per l’insorgenza di malattie somatiche come, per esempio, l’ipertensione, l’artrite reumatoide, il diabete e malattie intestinali infiammatorie. Infatti, un disturbo di regolazione del sistema emozioni può portare a disturbi negli altri sistemi: sono noti i collegamenti tra le emozioni e altri sistemi dell’organismo come il sistema endocrino, immunitario, cardiovascolare, ecc.

L’origine dell’alessitimia è stata individuata nel tipo di attaccamento tra il bambino e le figure d’attaccamento primarie (Crittenden, 1994). Uno sviluppo e una regolazione affettiva ottimali possono realizzarsi soprattutto all’interno di un rapporto di attaccamento sicuro in quanto la comunicazione affettiva porta a risultati prevedibilmente positivi in cui il bambino impara ad integrare affetto e pensiero (ad esempio la mamme e il papà, osservando il bambino tirare le cose per aria, rimandano al figlio che si sente arrabbiato perché la mamma non gli ha potuto comprare il giocattolo).