…i grandi non ci capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegarli tutto ogni volta…
Da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry
In occasione dell’anniversario della dichiarazione ONU dei diritti del fanciullo ho partecipato ad un interessante Convegno sui Diritti dei bambini, una giornata ricca di riflessioni. In tale occasioni si è parlato anche di bullismo, fenomeno ad alto impatto emotivo sulla nostra società.Quello che è emerso e che io condivido, è che il bullismo e il comportamento violento dei giovani in generale, non è in gran aumento come si dice. Le statistiche indicano una stabilità negli ultimi dieci anni del numero di denunce e di azioni penali giudiziarie verso minorenni. Tuttavia, quando qualche episodio di violenza raggiunge la cronaca giornalistica, è come se passasse attraverso una lente di ingrandimento, che lo rende allarmante segnale della degenerazione della società. Sull’onda emotiva di un fatto di cronaca viene posto un giudizio sommario sul globale peggioramento morale di tutta una generazione a scapito dello sforzo di capire le vicissitudini individuali del singolo ragazzo.
Per quanto riguarda il confronto con le esperienze del passato, non dobbiamo limitarci a guardare i comportamenti in sé, ma si devono considerare anche i cambiamenti sociali e culturali, perché questi danno un significato diverso alle prepotenze.
A livello sociale l’autorevolezza degli adulti (e spesso anche il loro controllo) tende a ridursi sempre più nel tempo anche per la “precocizzazione” adolescenziale tipica della nostra società, che fa sì che i comportamenti trasgressivi e certe dinamiche di gruppo tra coetanei si presentino già nella tarda infanzia e nella preadolescenza.
Quindi, si parla molto di cosa sta succedendo ai giovani, ma credo che sia importante anche chiedersi cosa sta accadendo intorno a loro: oggi i bambini fin da molto piccoli passano molto tempo con figure non genitoriali (asilo nido, baby-sitter, scuola a tempo pieno) spesso c’è indifferenza verso i propri figli, una tendenza a mal interpretare i suoi comportamenti, ad avere aspettative negative, a vedere i suoi comportamenti come deliberatamente protesi contro i genitori.
In senso educativo più generale, alcune dimensioni dell’emotività (quali la tenerezza, la gioia, la calma, il sentirsi appoggiati, il piacere di essere guidati nella scoperta delle cose, il gusto della conquista e della conoscenza costruita passo passo, ecc.) sembrano essere sempre meno presenti nella vita di bambini e ragazzi. Tutto questo porta a modalità personali di relazione con sé stessi e sociali di rapporto con gli altri sbilanciate nel senso della fretta, dell’impazienza, dell’attenzione labile con una sempre più ridotta capacità di comprendere l’altro ed i suoi sentimenti. Abbiamo bambini invasi da una moltitudine di stimoli che sviluppano prevalentemente alcune dimensioni e qualità dell’esperienza (quali l’immaginazione, il movimento veloce, l’agire senza pensare, ecc.) a scapito di altre (quali le sensazioni forti, la calma, la riflessione, il gioco costruttivo, ecc.), non contribuendo allo sviluppo di identità personali e sociali forti e radicate nella pienezza emotiva. Questa continua corsa alla ricerca di stimoli porta alla diminuzione della capacità di ascoltarsi e di sentire, alla perdita di contatto con le sensazioni e gli affetti ad esse legati, ad una “povertà” emotiva che sfocia nell’azione immediata o nell’ostilità ripetitiva che copre le emozioni più profonde quali la paura, la vergogna, la tenerezza, la voglia di contatto.
Soprattutto i bambini tendono a giocare meno, a gestire i conflitti con fisicità anziché con le parole, caricandosi così di rabbia e di aggressività. In aggiunta a questo spesso si associa un ambiente sociale educativamente meno “contenitivo”, seppur ridondante di oggetti e di “benessere”. L’insieme di questi elementi porta a un innalzamento della soglia di tolleranza verso le prepotenze, a cui contribuiscono in grossa misura anche certi programmi e forme di pubblicità televisivi e non, che, unita allo spirito di imitazione, tanto importante in adolescenza, ne determina una maggiore estensione e criticità.
Al fenomeno del bullismo si tende a rispondere con politiche repressive, tuttavia molti sostengono la non validità di tali metodi nei confronti dei cosiddetti “bulli”, poiché con la repressione essi introiettano sempre più uno stato di estraneità e di conflitto con l’autorità.