Tra il 2000 e il 2008 in Italia ci sono stati 340 omicidi-suicidi per un totale di 1000 vittime. In media quasi un caso ogni 10 giorni. Secondo il Rapporto Eures-Ansa 2009 sull’omicidio volontario in Italia, il 90% degli omicidi-suicidi avviene tra le mura domestiche.
La cronaca degli ultimi tempi è caratterizzata da casi in cui una persona uccide un suo familiare e poi tenta il suicidio o lo porta a termine. Circa i motivi di tali comportamenti le statistiche ci riferiscono di forme depressive e/o disturbi di personalità.
Cosa accade in queste persone per arrivare ad uccidere il proprio figlio, nipote, moglie, marito?
Queste persone vivono costantemente il senso di disperazione in cui nulla ha più rilevanza, la vita viene vista come la causa di tanta sofferenza e l’unica soluzione possibile è togliere la vita a chi sta loro accanto e che come loro sta soffrendo e togliere la vita a sé stessi. L’omicidio, il suicidio o il tentativo di essi sono dei veri e propri agiti in cui viene anche a mancare il contatto con la realtà.
In questi casi è utile che coloro che vivono accanto alla persona che mostra un umore esageratamente triste e caratterizzato da sintomi quali: costanti pensieri negativi e di morte, sensi di colpa eccessivi, isolamento sociale, perdita di interessi e piaceri, disturbi del sonno, agitazione o rallentamento psicomotorio, significativa perdita di peso o aumento di esso e incapacità a concentrarsi, segnali immediatamente il caso alle strutture competenti di zona qualora la persona non voglia accettare un aiuto, in modo da costruire un intervento appropriato.
Allo stesso tempo è importante che le strutture e i professionisti che seguono il paziente per disturbo depressivo e/o disturbo di personalità, non sottovalutino il caso esplorando nello specifico l’area emotiva e cognitiva-comportamentale del paziente.