Tanto lo so che non sei felice con me…

Tanto lo so che non sei felice con me…

L’amore è anche una rivoluzione linguistica tra due persone. E quando tutto è finito lo si capisce, appunto, a cominciare dai discorsi.

Ognuno di noi, in quanto essere umano, ha molte possibilità di scelta sul modo di presentarsi, cioè sul modo con cui comunica, ma il più delle volte, quando ci incontriamo, ci separiamo e ci incontriamo di nuovo, non prendiamo decisioni coscienti su come comunicare. Per esempio, non scegliamo coscientemente le parole specifiche o la forma sintattica delle frasi con le quali comunichiamo. Spesso si ha l’abitudine di parlare a casaccio o in modo automatico fino a fare della comunicazione un’occasione di disagio.

Tuttavia, occorre ricordare che per riuscire a stare e a comunicare bene con gli altri bisogna innanzitutto sapere ascoltare se stessi. Ad esempio, uno dei modo con cui le persone creano, all’interno della coppia o della famiglia, la propria sofferenza e infelicità è quella di dare per scontato che sono in grado di conoscere i pensieri e i sentimenti dell’altra persona, senza che quest’altra comunichi apertamente i suoi pensieri e sentimenti; è tipica la frase “se tu mi ami dovresti saperlo senza che te lo dica” o “so che non sei felice con me”. Questo processo è denominato “Lettura della mente” e invito tutti i lettori ad avere consapevolezza di questo processo quando viene messo in atto e domandarsi “come faccio a sapere che l’altro…” e quindi darsi la possibilità di muoversi da un sistema rigido e chiuso verso uno che permette la libertà di crescere e cambiare.

Strettamente collegato con il modello generale di “Lettura della mente” è il modello di “Equivalenza Complessa” per mezzo del quale si assegna una definizione (etichetta) ad una parte dell’esperienza e si scambia tale etichetta con l’esperienza stessa: “quando i tuoi occhi si socchiudono e ti pieghi in avanti, so che non sei felice con me”: la persona che usa questo tipo di comunicazione (detta calibrata) sta allucinando, cioè ha idee che si sono formate senza che i dati reali sono sufficienti (non è l’latra persona che le ha suggerito delle informazioni).

Vi vorrei riportare con la mente ad un momento in cui tra voi e il/la vostro/a partner avete discusso animatamente; cercate di ricordare cosa vi siete detti e come avete comunicato: quante volte avete riferito all’altro parole che lui/lei stesso/a non ha mai pronunciato? Quante volte avete letto un suo “gesto” dandogli un’etichetta vostra, solo vostra e non per forza universale?

Eppure basterebbe chiedere alla persona che ci sta di fronte cosa sta pensando o cosa sta provando in quell’istante e che significato ha per lui/lei quel “gesto” per avere una comunicazione orientata alla crescita, per avere una relazione serena, sincera e genuina.

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