“il desiderio” consiste in fantasie sull’attività sessuale e nel desiderio di praticarle, ed è proprio questo desiderio di pratica e la conseguente soddisfazione che alimenta il desiderio.
Ciò deve avere come premessa, la disponibilità emozionale ad una relazione che abbia caratteristiche di intimità. Nell’epoca odierna, tuttavia, dove l’intimità trova sempre più fantasmi sulla strada del suo godimento, sembra più che altro realizzasi il mito seicentesco di don Giovanni, un’efficace metafora per cogliere i rapporti e le antinomie tra seduzione e desiderio: don Giovanni, così come ci viene riproposto nelle varie versioni teatrali, non sembra, malgrado quanti sforzi faccia, del tutto interessato alla donna, non prova un reale desiderio verso di essa. Non alla donna come interlocutrice amorosa, non alla donna come oggetto d’amore, semmai alla donna numero, da aggiungere al “catalogo”. Il suo gioco e il suo appagamento stanno nella seduzione. Non gli importa, in fondo, di essere amato anche perché non saprebbe come amare. Gli importa solo di dimostrare al mondo di essere riconosciuto dalle donne sedotte. Il suo amore non è psichico, ma sensuale e l’amore sensuale non contiene il desiderio! Il don Giovanni è spinto e perseguitato dalla propria isteria, in quella sua divisa dove quello che conta è l’apparenza. Quello che spinge don Giovanni non è quindi un desiderio, ma un bisogno: di conferma, di attenzione, finanche di amore, mai raggiunto e irraggiungibile per il terrore di essere scoperto e travolto.
Viviamo in un’epoca storica nella quale al tabù del sesso si è innestato quello dell’intimità. La relazione intima, intensa, nella quale sono in gioco gli affetti, i desideri, e soprattutto i bisogni, può essere tanto temuta da soffocare ogni slancio verso di essa nella paura di un disconoscimento o della perdita dell’oggetto nel quale molto si è investito. Proprio a partire da questo si può innescare l’inibizione del desiderio che può avere come conseguenza nella coppia l’instaurarsi di un rapporto in cui non c’è nessuna vitalità e due mondi estranei convivono senza angoscia, senza tensione, ma anche senza poter generare nulla.
Il desiderio per esistere e mantenersi deve potersi fondare su una prospettiva relazionale del piacere
tanto più l’individuo può attingere dalla relazione la certezza di una attenzione calda e piacevole, tanto più potrà dare libera espressione al proprio desiderio, permettendogli di evolvere ricercando il piacere. In questo modo il desiderio diventa un problema di individuazione e questo processo fonda le proprie radici nella capacità dell’individuo di amare se stesso, premessa indispensabile per poter amare un altro.
“L’inibizione del desiderio quindi, esprime la ricerca di un silenzio psicosomatico e anche la ricerca di un anonimato che non permette di mostrarsi, ma che tutela dal rischio di esporsi quando l’accettazione e l’accoglienza siano dei bisogni posti in una attesa incredula di essere esauditi”.