Lo stress è una medaglia a due facce. La prima è che, fino a un certo livello, le catecolamine (adrenalina, noradrenalina) e corticosteroidi, rilasciati dal nostro organismo fanno sì che lo stress migliori lo stato di salute, che renda meno sensibili alla monotonia e affini le capacità di attenzione, di concentrazione, di apprendimento, di memoria e di risoluzione creativa dei problemi.
Basta pensare alle vicende più belle della vita che quasi sempre sono molto stressanti e sono all’origine di un’imponente produzione di catecolamine e corticosteroidi e, quindi, di energia che in questi casi poi viene impiegata nell’amore, nell’entusiasmo, nell’ispirazione e nella creazione, nella gioia di un incontro e nell’esultanza per una vittoria.
L’altra faccia della medaglia è che il continuo accumularsi di eventi che provocano lo stress porta ad un’attivazione corporea e psichica eccessiva, imponendo all’organismo sforzi esagerati e innaturali; ciò porta, dapprima, a un periodo di sopportazione-resistenza e, più avanti, a un periodo di esaurimento e logorio.
Ma se consideriamo che il nostro organismo risponde praticamente in modo uguale agli eventi piacevoli o spiacevoli, esaltanti o deprimenti, qual è, allora la differenza tra l‘esperienza di eustress e quella di distress?
Deriva da “come uno la prende”, da “come uno la vive”, da come valutiamo gli eventi della vita, dal peso emotivo che hanno per noi. Ciò che è importante è in quale misura, di quale tipo, in quali particolari momenti della vita e in quali condizioni personali e sociali lo stress si dimostra benefico (eustress) o dannoso (distress).
Lo stress, allora, non dipende tanto dall’evento, quanto dal nostro modo di giudicarlo e, a volte, tanti eventi ci stressano perché li cerchiamo noi, e nel modo sbagliato…